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Cinque personaggi in cerca d'autore. Il movimento del ritorno recensito da Giancarlo Visitilli

Giancarlo Visitilli firma l'articolo per Corriere della Sera - Corriere del Mezzogiorno il 13. 10. 2021

Esce per le edizioni Les Flâneurs il primo romanzo di Irene Gianeselli, «Il movimento del ritorno»


Come quei personaggi in cerca d'autore. Nella disponibilità di uno spazio che si fa movimento nel tempo e diventa storia nella staticità di chi ne conserva il ricordo. Così sono Veronica e Astolfo, Tancredi, Arcangelo e Maddalena, i personaggi del primo romanzo di Irene Gianeselli, Il movimento del ritorno (Les Flâneurs).

L'autrice, da poco premiata al Premio De André per la poesia, condensa gran parte delle sue esperienze artistiche, dalla drammaturgia, alla regia, passando attraverso la musica, l'intrigante storia di due amanti che sono nella fervente attesa di un figlio, insieme a quella dell'attore Tancredi, che dedica tutta la sua esistenza a chiedersi il senso del teatro. Ma c'è anche chi affronterà le mancanze, come Arcangelo, che si imbatte in Maddalena e farà l'esperienza anche della sua scomparsa.


Apparentemente, sembrerebbe che tutti i personaggi del romanzo non abbiano nulla in comune, ma non sarà solo il luogo che abiteranno a dare senso e movimento al vorticoso giro di vite a cui Gianeselli inanella il lettore. La scrittrice lo fa attraverso gli strumenti che conosce molto bene, innanzitutto la parola che si fa musica, movimento e rumore, densissima di onomatopee e sinestesie («Ingoiamo tutto senza cura, con lasciva passività, con passiva lascivia»).

Tutto, nel romanzo, rimuove nella testa e nella pancia del lettore. Ed è in questi spazi che abitano i personaggi, mai così ben definiti attraverso le pagine, perché tutto avvenga nella testa e nel cuore di chi legge, poiché c'è molta drammaturgia ne Il movimento del ritorno.


L'autrice ironizza in modo graffiante sulla stessa costruzione narrativa, riducendo i suoi personaggi a fantocci, primordiali Adamo ed Eva, pur di non stereotiparli. C'è un continuo decostruire un mondo che inganna i figli suoi, condannandoli: «I giovani non sono più la speranza, questa società non fa che nutrirli rigurgitando un futuro già dannato». Sono evidenti tanti rimandi alla poesia che non ha spazi né confini, da Yeats a Pavese, passando per Pasolini (la dedica del libro è a un suo grande amico, David Grieco). Il movimento del ritorno in tal senso è, innanzitutto, una dichiarazione di poetica («La pittura è una poesia muta e la poesia è una pittura cieca»).

Una poetica, però, non disgiunta dalla vicinanza, dalla tangibilità di corpi che si attraggono per viversi, a differenza di chi sceglie il virtuale: «non è nella realtà il mal di vivere. È nell'aspirazione di chi vuole avere potere sulla realtà di questo male».


Se è evidente che la scrittura è molto immaginativa, i luoghi in cui i personaggi si cercano, pur avendo come sottofondo la Napoli di Pino Daniele, e non solo, appartengono ad una geografia che non ha confini («La mente umana, si dice Tancredi, deve essere come una città e noi ci nascondiamo sempre nelle nelle periferie del pensiero»). In questi luoghi Irene Gianeselli riporta il senso del suo lavoro anche come donna di teatro, avendo bene in mente quello che qualsiasi forma d'arte produce, una sorta di disordine, di continuo allontanamento e avvicinamento da questo.


Il movimento del ritorno è il costante andare e tornare da quel disordine che chiamiamo amore. Sapendo che «la vita è una scelta continua», ogni qual volta ci pone dinanzi alla staticità di chi entra in scena, senza minimamente rinunciare alla propria assurda ed egoistica rappresentazione.



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